La formazione dell’Uno vista dagli artisti
Agosto 2011 – Tornare@Itaca, dedicato quest’anno ai 150 anni dell’Unità d’Italia, è ospitata come sempre nel Palazzo comunale di Grimaldi per l’Anteprima Meridionale prima di arrivare a Cosenza. Gli artisti hanno lavorato su una serigrafia della bandiera, forse quella che Attilio ed Emilio Bandiera portarono a Cosenza nel 1844, di proprietà del Comune di Cosenza e in dotazione al Museo dei Brettii e degli Enotri.
Salgo la scala che porta all’ultimo piano pensando che è un azzardo portare l’arte moderna in un piccolo centro, ma a chi esprime perplessità dico che può non piacere ma è sempre meglio conoscerla: è un’espressione del nostro tempo.
Vado a “controllare” la mostra.
Fra il curatore le opere si stabilisce una corrente di simpatia e appartenenza e questo motiva le mie visite giornaliere.
Un’opera mi viene incontro sul primo pianerottolo.
Lucio Perna, l’artista, ha lavorato di bisturi sezionando la stampa serigrafata prima di incollarla su un supporto ligneo.
Il diverso rilievo dato ai quadretti, alcuni emergenti rispetto ad altri, vuole significare il differente livello di sviluppo economico delle regioni del Centro-Nord rispetto a quelle del Sud.
Ha assemblato i frammenti sicchè la visione complessiva ricompone l’unità.
Porsi di fronte alla bandiera e farla tuttuna col proprio intervento si intuisce non essere stato facile per gli artisti, che dalla riflessione sul presente sono andati alla ricerca delle proprie radici in una dimensione collettiva.
E la possibilità di un’analisi critica ha portato all’emersione sofferta di pregiudizi, incomprensioni e conflitti attraverso segni lacerati, disintegrazioni, appannamenti.
Il valore simbolico della bandiera si è così contaminato attraverso un percorso di natura intimistica e gli artisti hanno marcato il territorio apponendovi il proprio segno, evidenziando a volte il momento critico che l’ Italia attraversa in cui le forze disgregatrici sembrano acquistare forza e rilievo politico, anche se minoritarie, altre volte riaffermando i valori unitari e fondativi.
Il mito dell’eroe che non muore mai è la ragione d’essere dell’immagine di Garibaldi nel lavoro di Giannetto Bravi, mentre il fruscio di una stoffa ruvida al tatto avvolge il tricolore e rimanda a letti antichi e materassi cuciti a mano con lunghi aghi (Silvia Manazza).
Se un alfabeto immaginario ricopre la bandiera con lettere disperse bisognose d’approdo (Marcello Diotallevi) allora si pone in dubbio un’identità non accertata (Giovanni Sala) che si aggroviglia ancor più nel tentativo di ricerca del capo fila (Tiziana Priori).
Parole, cantilene, filastrocche convivono con l’Inno e canzoni cantate in coro e poesie e frasi solenni “chi per la Patria muor vissuto è assai” e la lettera di un soldato al fronte (Mario Parentela, Anna Doschi) si fanno memoria e dono sigillato (Giuseppe Salvatori) o deflagrano in acida, sublime follia (Giuliano Cotellessa).
E se una bandiera vorticasse nello spazio concentricamente spavalda (Paolo Barlusconi) forse atterrando dolente si troverebbe impigliata in un baffo lungo e ritorto di un Vittorio Emanuele a fumetto (Tommaso Binga).
Ma se l’Italia d’oggi è Barlusconi centrica giochiamo di svelamenti e strappi per ritrovare il senso (Carlo Pozzoni) perché “essere o non essere” questo è il problema (Luca Maria Patella) e se Trinacria è il mio paese (Letterio Consiglio) non cancelliamo l’altro, unico e solo nella nebbia padana (Armando Bettolini), e non togliamogli il cuore svuotato d’amore (Bruno Mangiaterra) e riaffermiamo un destino (Maria Mulas) offrendogli un fiore (Fausta Squatriti) e, incidendo nel legno (Mavi Ferrando) perché duri nel tempo, ritroviamo le impronte ed i punti d’incontro in un nero profondo (Stefano Soddu) e tracciamo una pianta e imprigioniamo i frammenti (Armanda Verdirame) e ricuciamo ferite con un filo di spago (Anna Lisa Mitrano), con un velo pietoso (Loriana Castano) e recitiamo poemi di memorie passate (Silvia Cibaldi, Elisabetta Pagani), di serate danzanti e salotti narranti (Evelina Schatz).
E spediamo parole con il vecchio corriere su una carta postale di un incerto spessore (Ruggero Maggi) o una foto tagliata di collage delusi con parole non dette (Armando Tinnirello) e con segno deciso affermiamo l’idea con parole di vento (Kengiro Azuma) o ammantiamo di bianco come coltre piumosa i colori vessillo (Tarcisio Pingitore).
Raccontiamoci infine un gran film d’annata, (Salvatore Pepe), un’italica storia. Un bel sogno sognato.
Mimma Pasqua