Vai al contenuto

II Edizione

Tonino Milite, nato a Tirana nel 1942. Pittore, si diploma presso l’Accademia di Brera con una tesi su Bruno Munari, col quale collabora a lungo nei laboratori per la stimolazione della creatività infantile. Ha pubblicato “Le Texture”  Zanichelli 1980 e “Dubi ti amo” in “La Vita Felice” del 1997. Garzanti (2001) ha utilizzato l’immagine di una sua opera per la sopraccoperta del volume “il Novecento” della Storia della Letteratura Italiana. Ha ideato una Bandiera Internazionale della Pace elaborando una luminosa selezione dei colori dell’arcobaleno.
Nel 2005 l’editore Sabatelli di Savona, pubblica “L’intermittenza del giallo”, la sua prima silloge poetica.

 

Otto cavalli

Otto Achei,
Ulisse, e pochi reduci,
trasvolano Atlantico,
cercano nuove odissee.
Dai piccoli schermi
il Serpente
canta i sapori
della Grande Mela

Otto cavalli
nelle stalle del jumbo,
ancora negli zoccoli
la terra d’Hissarlik*.
Sfideranno Buffalo Bill,
e i guerrieri pellerossa,
tra le voragini
e le vertigini dei grattacieli.
Mai più
sogneranno Itaca, gli Eroi.

Ogni paese è più triste, dopo New York
*Nome del territorio su cui sorgeva Troia

Franco Araniti ha pubblicato il dramma per ragazzi “Redenzione”, i libri di poesia “Compagna Calabria” – “Parola di proletari” – “In-canti” – “Carovana sud-sud” – ” ‘U cunta cucampa” – “Lo racconta chi vive” – “Paura?” – “Erosie” – “Di quel viavai… D’amore”, i libri di narrativa “Il vecchio col piattino del clown” – “L’uccello sciancato”.
Redattore di “Malvagia” dal 1981 al 2001, è nella direzione del “quaderno del poeta”. Ha ricevuto vari premi.

 

CRONOS

Cronos non c’è per seguire il galleggiare della foglia
morta
nell’aria che la dondola sulle sue trasparenti ali
come a trattenerla
ancora più lontana
dall’avida terra.
Corriamo così velocemente che
l’autunno vedremo appena
come un bagliore forse
all’arrivo del subitaneo distacco.
Cronos ingoiamo senza masticarlo.
Più non lo
abbiamo
per gustarlo
il tempo.

Franco Gordano nato a Cosenza nel 1948. Studi fino all’avvocatura. Ex funzionario di banca.
Ha pubblicato: Lo sguardo del pittore (selezione Premi: S. Nicola Arcella 2000 e Tra Secchia e Panaro 2002); Silica Glass (vari riconoscimenti tra cui: finale del Premio Contini Bonacossi (PT) 2004 e 2005, vincitore ex aequo Premio “Tra Secchia e Panaro” (Modena 2004); plaquettes: Anime; Quella strana traccia; nihil (“particolare valore poetico” XIX Premio L. Montano-Verona). Raccolte inedite: Mare su “Poiesis” (Roma 2000), L’origine del mondo, rassegna ‘”Erotiche visioni”, Dal fondo del profondo (105 haiku), “attestato di merito” XX Premio L. Montano 2006, di cui 40 haiku sull’antologia Europainsieme. Altre pubblicazioni: “La Stanza del Poeta” antologia poetica a cura di La Fontana (racconti) 3° ex aequo 12° Premio Nazionale “Rivalto – R. Magni” (PI) 2006.

 

ANDANDO PER LA TOSCANA
Questo morbido andare senza meta
tra pini di mare e girasoli arsi
campi di sole file di cipressi
ha un sapore di mistica memoria
d’un ritorno ambito che ci è precluso
per una colpa arcana sconosciuta
come se la vita ora ci svelasse
il suo inafferrabile segreto
l’inganno qui per sempre imprigionato
nel sorriso distorto di vinaccia.

Luglio 2007 in Toscana

Olga Karasso pubblica giovanissima le poesie “Verdi malinconie”, Edizioni Convivio Letterario. Traduce per Guanda, con Franco De Poli, Léopold Sédar Senghor e poeti bulgari. Redattrice de “Il Canguro”, scrive articoli di critica letteraria su un noto quotidiano, poetessa sovente premiata, invitata a simposi all’estero, allontanatasi dall’ambiente ricompare con i romanzi psicologici “Ibis” (edizione Team 80) e “Esperanza” (edizione Anima). Con “Un gradino dopo l’altro” (edizione Otma), riprende, in chiave poetica, la sua osservazione del profondo.

 

TORNARE A ITACA

Ineffabile nostalgia sconvolgente
sciocca appiccicata senza requie
ai fantasmi di soli o stelle aliene
al centro più incavato della Terra.

Torneresti dove a sognare memoria
se non tra le pareti di questa stanza?
Quale spiaggia dopo tanto occulto vagare
accoglierebbe la tua confusa remissione?
In questo vecchio dannato lasso eroe
quale isola egea ti riconoscerebbe?

Paolo Orsi, nato a Milano, ha iniziato la sua attività lavorativa in una casa editrice fiorentina. Ha insegnato a lungo Italiano e Storia in Istituti Tecnici e licei di Milano e provincia. Attualmente collabora con uno studio editoriale milanese.

 

UN VIAGGIO DI SOLO RITORNO,
OVVERO LA SINGOLARE AVVENTURA DI UNO YACHTSMAN INGLESE

Da scrittore amante dei paradossi, Gilbert K. Chesterton ha confessato un giorno di aver desiderato raccontare la storia di uno yachtsman inglese che, salpato alla volta di un lontano arcipelago dei mari del Sud, per una serie di eventi del tutto fortuiti (un guasto agli strumenti di bordo, una nebbia così fitta da costringerlo a navigare alla cieca per giorni e giorni) finì per approdare sulle verdi coste di un’isola che, dopo un breve giro d’esplorazione, scoprì non essere altro che l’Inghilterra. “Invidiabile errore” di navigazione, secondo Chesterton, che consentì al suo involontario eroe di fondere insieme, come un alchimista provetto, tutti gli elementi di un viaggio perfetto: l’ardore iniziale a divenir del mondo esperto, l’ardire di affrontare l’alto mare aperto, l’angoscia di sentirsi, nel vasto oceano, soli, sperduti, senza difesa, e poi la gioiosa sorpresa di ritrovarsi alla fine sulla strada di casa. In fondo il personaggio di Chesterton pare inventato apposta per conciliare le due “figure” di viaggio più famose e contrastanti del mondo occidentale: l’Ulisse dantesco e l’Ulisse di Omero. Del primo condivide l’irrequietezza e la sete di conoscenza che lo spingono a oltrepassare ogni limite e a sfidare l’infinito; al secondo sembra invece accomunato da un’invincibile attrazione (più inconscia che conscia) per l’isola da cui era partito. Di sicuro il suo esempio non può piacere ai pavidi, ai pigri e ai sedentari, perché ricorda che non vi sarebbe conoscenza, non vi sarebbe consapevolezza della propria e dell’altrui cultura, se non vi fosse qualcuno così audace da “prendere il largo” e lasciarsi alle spalle la terra natia per “mettersi nell’avventura”; poi, com’è accaduto al nostro yachtsman, può capitare di smarrirsi, di sbagliare la rotta nella nebbia, di vedere l’orizzonte che improvvisamente si oscura. Mi piace però immaginare ch’egli fosse preparato per ogni evenienza e che non si sia mai scoraggiato. Certo, prima di partire, avrà messo in conto anche di poter morire. Quando ebbe perso del tutto il senso dell’orientamento e la situazione gli apparve disperata, la salvezza gli giunse nella maniera più inaspettata: si alzò un bel vento e la nebbia sparì all’improvviso, così come all’improvviso, molti giorni prima, era arrivata. Grazie a quel vento, lo yachtsman poté rivedere la luna e scrutare la posizione delle stelle. Il baluginare di una luce in lontananza gli fece ritornare la speranza e durante la notte non si staccò dal timone. La sua veglia notturna non fu vana: non era infatti una fata morgana ciò che gli apparve all’alba del giorno seguente. Mentre la scena del mondo si illuminava si stagliò all’orizzonte, nella luce sempre più chiara, una grande e bianca scogliera. Scorse anche un faro, e ne fu confortato: era l’indizio sicuro che non lontano vi era un luogo abitato. La distanza che separava il suo yacht dalla costa fu percorsa rapidamente, come in un sogno, e l’uomo trovò facilmente un buon punto d’approdo. Non appena sbarcato, si chinò a baciare per prima cosa la spiaggia sabbiosa e inviò un pensiero di ringraziamento a Dio per averlo aiutato. Si mise poi fiduciosamente in cammino, cercando di avvistare qualcuno che gli indicasse il nome di quella terra, e non fu affatto deluso (anzi ne fu esilarato!) quando, dopo aver scambiato qualche parola con il primo uomo incontrato, scoprì di essere ritornato nella vecchia e cara Inghilterra. Agli uomini di mare che vollero ascoltare il racconto della sua avventura, l’eccitato yachtsman cercò di spiegare per quale strano scherzo del destino lui, che era partito volgendo la prua verso l’emisfero meridionale, era stato a sua insaputa risospinto verso la terra natale. E quando quelli, che volevano saperne di più, gli si assieparono intorno, imbaldanzito dichiarò che, per quanto lui ne sapesse, tra tutti i viaggi bizzarri, esotici e spericolati compiuti nel mondo, forse soltanto il suo aveva avuto la straordinaria caratteristica di essere stato un viaggio di solo ritorno.

Pierluigi Pedretti, di origine trentina, vive a Cosenza dove insegna. Ha collaborato alle pagine culturali di quotidiani come “Liberazione”, “Il Quotidiano della Calabria” e “Calabria Ora”. Attualmente scrive su “La Provincia” e “La Rinascita”. I suoi interessi spaziano dalla nuova narrativa italiana a quella anglo-americana, dalla letteratura di genere al fumetto. Si occupa anche di presentazioni di autori e cura incontri d’arte e letteratura.

 

Il ritorno a casa

Il mio primo viaggio l’ho compiuto piccolissimo attraverso i ricordi dei miei nonni, di mio padre, dei miei zii. Essi mi raccontavano del lungo cammino compiuto nel 1935 dalla famiglia per raggiungere quella terra così diversa e lontana, che tanta apprensione suscitava. La madre di mia nonna temeva per la loro vita: gli abitanti di quella terra avevano una brutta fama, giravano armati di coltello, erano considerati rissosi e irascibili.
I miei hanno viaggiato per lavoro e per costrizione (il nonno era ” ribelle”), ma tanti altri possono essere i motivi per cui ci si allontana dal luogo natio. E’ il topos più antico della letteratura.
Si viaggia per missione divina, per cercare la vita eterna, per conoscere, per avventura, per la salvezza dell’anima, per spiegare il mondo, per cercare l’assoluto, per creare identità di popolo. Avrebbero, però, mai potuto scriverne Virgilio, Dante, Swift, Conrad, Hesse, Ariosto, Goethe, Sterne, Cervantes, Tennyson, Joyce, Pound… senza il primo grande cantore del viaggio? Senza Omero e l’epopea di Ulisse il mondo non sarebbe lo stesso.
Colui che parte ha il ritorno ( nostòs) nel cuore. Il tema dominante del viaggio omerico è il desiderio di casa. Quando si va, la separazione è lacerante : ” Era già l’ora che volge al disìo/ ai navicanti e ‘ntenerisce il core/ lo dì c’han detto ai dolci amici addio” ( Purg. VIII). Il viaggiatore porta con sé la sua terra, la sua comunità. La nostalgia è la sofferenza ( algòs) che, unita al desiderio del ritorno, avvolge colui che si è distaccato dai propri cari nelle spire della malinconia.
Nell’Odissea non mancano altri ” ritornanti”: Nestore, Menelao, Agamennone. Torneranno a casa, ma non allo stesso modo. Chi felicemente, chi tragicamente, chi con difficoltà. Per tutti, però, non sarà come prima. Tutto è ormai diverso. Dopo anni di assenza loro sono cambiati, la propria terra è cambiata. Il ritorno è mai veramente possibile? Troppe cose si modificano nel tempo per pensare che quel pungente sentimento di nostalgia che attanaglia il viaggiatore non lasci poi il posto allo stupore, spesso amaro, dello spaesamento.
E se l’Ulisse omerico trova, nonostante gli anni di lontananza, Penelope ancora fiduciosa ad attenderlo, lo stesso non può dirsi per quello di Dante, irrequieto esploratore di sé e del mondo: ” né dolcezza di figlio, né la pietà/ del vecchio padre, né il debito amore/ lo quale dovea Penelopé far lieta/ vincer potero dentro a me l’ardore/ ch’i ebbi a divenir del mondo esperto/ e de li vizi umani e del valore”. E la dolce moglie dell’eroe acheo? Siamo sicuri che non sia anch’essa cambiata? Nel suo affascinante omonimo poemetto Rosaria Lo Russo scrive così di una Penelope stanca di attendere: ” zitta zitta decompongo l’imeneo chet’accolse/ a più non posso disfidando assalti di procio/ che m’annusa e sgrufa un porco approccio/ ma oggi invece temo te/ tremulo corpo baro”.
Il ritorno, insomma, è sempre problematico, sia per il viaggiatore, all’oscuro dei cambiamenti, che per la comunità d’origine, che avverte l’allontanamento come un tradimento, e ignora del tutto le fatiche fatte dal “suo” uomo in una terra straniera..
Uno dei migliori narratori calabresi degli ultimi anni, Carmine Abate, ha scritto ripetutamente di questa schizofrenica scissione fra vite vissute lontano e struggente desiderio della propria terra. Nei suoi romanzi egli mette in scena la sradicamento, il rapporto conflittuale con quella nuova e il legame irrisolto con le proprie origini. Ecco il dilemma: dover essere là e il non poter ( e voler) essere qui: ” Se ti dicono di restare parti; se ti dicono di partire, resta.”
A Luigi, Erminia, Silvano, Teo, Liliana, Rita, Mario il Trentino rimase sempre nel cuore, ma trovarono la loro casa in Calabria, la mia martoriata terra.